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In Coppa Davis si diventa autolesionisti

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Come da tradizione dopo lo Us Open c’è una settimana di pausa prima della stagione indoor, ma di pausa solo per quanto riguarda i circuiti e gli impegni personali perché si scende in campo in Coppa Davis a rappresentare i colori della propria nazione.

In particolare la sfida di Glasgow, una delle due semifinali, è stata sicuramente l’incontro più seguito, più in bilico e più emozionante. Capirete bene che già i numeri uno delle due rispettive nazioni, si ok una è la Gran Bretagna, sono molto diversi tra loro. Murray antipatico, difensivo e cattivo per certi versi; Delpo gigante buono, sempre in spinta e ti fa quasi tenerezza e allegria. Aggiungeteci il remake della finale olimpica e lo spettacolo è servito.

Non bastasse tutto questo ci si mette di mezzo la forma fisica non ottimale di fine stagione ed entrambi, come fossero in un thriller, non lasciano trasparire le reali condizioni fisiche per tutti e tre i giorni, ma vediamo solo facce sofferenti di chi stringe i denti e per la propria nazione dà tutto quello che ha.

Non è la prima volta che vediamo i big giocare in condizioni precarie queste sfide di fine anno, torna alla mente Djokovic contro lo stesso Del Potro nel 2011, il serbo non stava affatto bene ma giocò lo stesso e si ritirò a match in corso; ancora Federer nell’anno del trionfo rosso crociato, stava una pezza nella prima giornata, giocò il doppio e la domenica si riebbe un pochino; concludiamo con Murray e Del Potro entrambi, come detto, hanno giocato tra dolori e facce tirate dallo sforzo.

Viene da chiedersi se lo facciano apposta, se siano autolesionisti, o se è la Davis a trasformarli. Quando si parla di questi campioni va da sé che i capitani contino come il classico due di coppe quando la briscola è a mazze, ma Orsanic il capitano argentino perché va a schierare Del Potro, che è solido fisicamente quanto lo è mentalmente Fognini, anche in doppio?

Sei avanti due punti a zero, il tuo miglior giocatore può riposare e tu lo mandi in campo in doppio dove non è proprio a suo agio. Per Murray d’altro canto si può capire la scelta: devi recuperare, il ragazzo col fratello forma un doppio temibile ed Andy è abituato a stare in campo tanto. Comunque sia due situazioni disumane e al limite della sopportazione fisica, tre match tre su cinque in tre giorni, ma a quanto pare in Davis funziona così, si stacca la testa e si va avanti di inerzia solo col cuore, d’altronde quando uno si affida solo alle emozioni rischia di farsi male davvero anche fisicamente.

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Simone Milioti

Simone Milioti

Vivo a Messina dove ho concluso i miei studi nell'ambito della comunicazione. Il mio primo amore è stato Roger Federer, da lì in poi la mia passione si è allargata a tanti altri sport. Oltre a scrivere (ora dirigere) presso LoSportOnline ho anche collaborato alla nascita di Blog34, piazza virtuale studentesca, di cui vado molto fiero.

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