Sharapova, il crollo di un mito
LA Hotel, Los Angeles, California. Ore 21.00. La conferenza stampa di Maria Sharapova, indetta pochi giorni prima, si rivela una doccia fredda terribile per il mondo del tennis. Niente ritiro, niente intervento chirurgico, ma una verità ancora più scioccante: la siberiana è stata trovata positiva ai controlli anti-doping nel corso degli Australian Open 2016, per “colpa” del Meldonium, sostanza resa proibita solo all’inizio dell’anno perchè, in base ai nuovi test della WADA, aiuta la circolazione e aumenta la quantità di ossigeno presente nel sangue. Per un malato, può significare un’ancora di salvezza. Per uno sportivo in piena salute, è un aiuto per la resistenza e i tempi di recupero, e per questo illecita, sia pure solamente da quest’anno. Si arriva dunque alla domanda: la Sharapova aveva veramente problemi di salute tali da necessitare una cura decennale (come da lei dichiarato) con questo farmaco?
Gli esperti di medicina sostengono sia impossibile, per vari motivi. Non è valido come cura per il diabete, come sostenuto dalla russa, in quanto ancora in fase sperimentale al giorno d’oggi, nel 2016, figuriamoci dieci anni fa. E per altri problemi di natura cardio-circolatoria la stessa azienda produttrice della sostanza ha sottolineato come il periodo di cura andrebbe dalle 4 alle 6 settimane, certamente non per un decennio intero. E il fatto che in questi stessi giorni i casi di atleti russi positivi al Meldonium si stiano moltiplicando, di certo non depone a favore di Masha, vista sempre più vicina ai tristemente famosi casi di “doping di stato” made in Russia. Di certo però, se la sostanza era legale fino al dicembre 2015, qualsiasi fosse il motivo per cui venisse assunta dalla Sharapova, poco importa; per di più, nel 2016, anno incriminato dalla WADA, sono stati solamente 5 i match da lei disputati, tutti a Melbourne, contro Hibino, Sasnovich, Davis, Bencic e Williams. L’errore sembra dunque a monte, da parte dello staff, colpevole di un misunderstanding a dir poco gravissimo nel non accorgersi della messa al bando del Meldonium, e che ora potrà essere devastante per la carriera della russa. Non solo dal punto di vista sportivo (la squalifica deve ancora essere discussa, ma rischia fino ad un massimo di 4 anni, anche se realisticamente 1 anno sarà sufficiente), ma anche dal punto di vista economico: da sempre volto di tantissimi grandi marchi, questi stanno inevitabilmente tagliando i ponti con lei, per evitare qualsiasi danno di immagine.
In attesa dunque di nuovi sviluppi, di capire fin dove la campionessa russa sia davvero colpevole, di come la notizia verrà accolta dai fans, se verrà perdonata o scatteranno feroci processi di damnatio memoriae, i fans di tennis potranno consolarsi con l’inizio del torneo di Indian Wells, nella speranza, si spera non vana, che sia disputato nel pieno della correttezza e del rispetto per questo nobile sport.