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La maturità immatura di Fognini

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Il ligure conquista a Stoccarda il primo meritato titolo ATP, portandosi al 25° posto del ranking.

Gli alti e bassi non riescono a spiegare l’urlo di liberazione di Fabio Fognini ieri a Stoccarda.

Un ragazzo che dopo 2 finali ATP perse, a 26 anni, trova finalmente il primo successo. Un ragazzo noto per l’indole quanto mai estrosa e guascona. Un ragazzo che da anni si aggira intorno alle prime 40 posizioni del ranking e che ora torna vicino al suo miglior posizionamento, numero 25.

Fin da giovane si parlava del suo talento, del suo genio istrionico, almeno quanto si parlava della sua lingua lunga e del suo carattere burrascoso. Un giovane col gioco alla Rios e la testa di Ivanisevic (e Rios messi insieme!), capace però di sfornare prestazioni alla Berloq dove faceva fatica a tenere la palla in campo anche mentre si scaldava nel pre-match, alternandole con altre dove pareva la reincarnazione di Agassi.

Se ne era sempre parlato come una speranza senza la potenza e la mentalità di un Seppi che alla lunga si è sempre rivelato più solido del ligure, perennemente alle prese con le sue turbe psichiche.

Eppure alla fine dei conti resta Fognini colui che tra i due ha raggiunto il risultato migliore negli slam (quarti di finale al Roland Garros 2011 ottenuti giocando l’ultimo set degli ottavi con una gamba sola).

Alla fine è Fognini l’italiano che è stato negli ultimi anni sulla bocca di tutti, con il suo carattere particolare, i suoi monologhi, le sue sceneggiate napoletane in campo.

Fosse vissuto nel ‘600 avrebbe fatto il moschettiere.

Fosse nato in Sicilia sarebbe stato un pupo perfetto.

Fosse stato un tennista con la mentalità giusta avrebbe persino potuto…. giocare a tennis, si diceva. Almeno fino a ieri, quando quell’ultimo colpo di Kohlschreiber è finito lungo togliendo lo 0 dalla casella titoli vinti.

Almeno da ora la gente la smetterà di ricordarsi di Fogna come un decantatore di santi da calendario. Se solo riuscisse a dare continuità a quel gioco che mostra di tanto in tanto, che giocatore sarebbe… Più geniale di Gasquet, più fantasioso di un Almagro ma senza lo stesso dritto, più forte di rovescio, come Cilic, ma meno concreto. Si è sempre detto che con una testa più a posto sarebbe stato anche top10, e in fondo lì ci è arrivata gente che in quanto a talento e genio potrebbe allacciargli le scarpe.

Ma forse non sarebbe stato Fognini.

Il Fognini che in campo gioca sempre contro tre avversari: il tennista dall’altro lato, l’arbitro (perché noi italiani dobbiamo sempre avercela sempre un po’ con l’arbitro) e se stesso. Il Fognini che in campo non si vergogna a dare del culato a Nadal, che tira giù tutti i santi del paradiso per un colpo sbagliato, che è capace di perdere partite già vinte ma anche di tirare fuori i conigli del suo cilindro solo per dare qualcosa di appetitoso agli spettatori che hanno pagato il biglietto. Il Fognini che contro Federer si eclissa pur di non rubargli la scena. Il Fognini che non vuole rovinare l’ultima uscita vittoriosa di Andy Roddick nel circuito, perché in fondo ha un cuore buono (forse). Il Fognini che tutti sono pronti ad attaccare per un comportamento sopra le righe, in un mondo come quello del tennis, dove forse negli ultimi anni si è tutto un po’ troppo appiattito, e dove di personaggi come lui ce ne sarebbe bisogno quanto dell’acqua in un deserto.

Ieri almeno Fabio ha chiuso un conto con la sorte e con il destino.

Speriamo solo che non resti l’unico. Così oltre a divertirci nel vederlo giocare. Ci divertiremo anche nel vederlo vincere ed esultare.

Davide Bencini