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WTA Match of the Year – Serena Williams vs Roberta Vinci

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La stagione tennistica è ormai finita da qualche settimana ma, in attesa di cominciare con la nuova tra pochi giorni, si possono tirare le somme sull’anno che è stato. Per il WTA sicuramente si è trattata di una delle stagioni più incredibili e emozionanti da molto tempo a questa parte, con la caccia al Grande Slam di Serena Williams e il fragoroso incidente, quando ormai tutto sembrava fatto, per mano di Roberta Vinci. Se c’è da scegliere una e una sola partita che possa rappresentare perfettamente ciò che è appena trascorso dunque, non possiamo che ritornare indietro all’11 settembre, Artur Ashe Stadium gremito in ogni ordine di posto: un’amazzone americana supportata dall’intera folla, n.1 del mondo, 3 Slam su 3 conquistati quell’anno, e una ragazzotta italiana alta 20 cm in meno e con un braccio largo sì e no la metà, distante di 40 posizioni nel ranking, ma che aveva raggiunto anche grazie ad un tabellone particolarmente fortunato la semifinale. Serena Williams vs Roberta Vinci, risultato finale 6-2 4-6 4-6.

Trionfo agli Australian Open, in finale su Maria Sharapova. Trionfo al Roland Garros, dopo un atto conclusivo lungo e difficile contro Lucie Safarova. Trionfo a Wimbledon, con la sua erede Muguruza mandata a letto senza cena. Serena Williams arrivava agli US Open sull’onda dell’entusiasmo, in uno stato di forma clamoroso nonostante non fosse più una ventenne, e con il Grande Slam nel mirino. Era dai tempo di Steffi Graf che questo incredibile traguardo tennistico non si vedeva, e chi se non la Williams aveva le armi per cambiare la storia? Per di più, le uniche avversarie realmente pericolose che il tabellone prevedeva avevano già compiuto una serie di harakiri senza precedenti, ultima in ordine di tempo Simona Halep che, nell’altra semifinale, aveva ceduto di schianto a Flavia Pennetta. Sharapova, Kvitova, Muguruza, Radwanska, Safarova, tutte fuori. Anche la sorella Venus aveva dovuto inchinarsi al suo cospetto, nel difficile incontro di ottavi di finale. Sulla strada per la vittoria rimanevano solamente due italiane, ben fuori dalla top 10 e con pochissime speranze di successo, e per di più giocava in casa, americana nella sua New York: tutto apparecchiato, tutto perfetto. Roberta Vinci arrivava sul campo determinata ma conscia della sua inferiorità: giochiamocela, cerchiamo di non fare brutta figura, e poi come va va, avrà pensato. E infatti il primo set lasciava ben poco spazio all’immaginazione. Serena entrava in campo sicura nei colpi e nella mente, tirava vincenti e commetteva pochi errori, mentre le armi della Vinci non erano sufficienti a piegare un carrarmato così perfettamente dentro la partita. Ma poi, qualcosa cambiò. Dopo il 6-2 Williams, Robertina ritrovava grinta e decisione, mentre l’americana iniziava a subire prima dei sussulti, poi delle vere scosse: slices di rovescio alternati a precise stilettate di diritto, discese a rete, infidi dropshot, portavano Serena sempre più lontana dal suo match e la costringevano a numerosi errori. E allora, dal nulla, arrivava il 6-4 Vinci. L’Artur Ashe si fermava per un secondo, impietrito davanti a ciò che stava succedendo, ma ancora lontano dalla reale preoccupazione. Saliva solamente il tifo per la beniamina di casa che, per altro, quell’anno non aveva ancora perso un singolo incontro al terzo set: per Roberta continuava a servire un’impresa, ma il suo cuore pugliese ormai non pompava più sangue, ma adrenalina pura. Il terzo set era un autentico delirio tennistico: la Vinci, sull’orlo della perfezione, giocava come mai nella sua vita e saliva letteralmente sopra alla sua avversaria che ormai, povera, non sapeva più che pesci pigliare. Costretta a correre più del previsto, in difficoltà nel tirare il vincente a causa delle palle senza peso della sua avversaria e della grande difesa eretta dalla stessa, Serena si trovava in una difficoltà mai sperimentata durante quell’anno. Nonostante tutto, l’amazzone provava a recuperare con la forza della disperazione un incontro ormai sfuggitele di mano, ma le ultime coltellate della Vinci erano quelle decisive: un punto incredibile, seguito dall’ormai famoso “E adesso applaudite anche me, c*****!”  e il capolavoro sul match point, una demi-volèe perfetta che la lanciava nella storia. Niente Slam per Serena, finale tutta italiana nella Grande Mela.

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Matteo Suardi

Grande appassionato di basket e tennis, capace di svegliarsi alle 3 del mattino per un match degli Australian Open o per una partita dei San Antonio Spurs. Tifosissimo di Federer, Ferrer e Karlovic, scrivo di tennis su losportonline.it.

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