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L’incidenza del percorso in un mondiale su strada

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All’indomani del secondo trionfo iridato di Peter Sagan, in una gara in linea abbastanza pianeggiante, ci viene il dubbio su quanto possa incidere, ai fini dello spettacolo, il percorso designato per ospitare un mondiale. Il ciclismo è vario c’è chi va forte in salita, chi ha un’ottima accelerazione e picco di velocità, chi ancora tiene un’alta velocità di crociera e chi si esalta in arrivi brevi ma con pendenze elevate.

Per i cronoman viene fatto un mondiale “a parte” mentre per i restanti corridori c’è una corsa comune. Non vi aspettate arrivi in salita, al mondiale si arriva sempre in piano e spesso si corre in circuito, quello che può fare la differenza è la durezza del percorso e questo pesa il passaggio o meno del gruppo su una montagna, collina, cavalcavia che sia.

Non staremo qui a parteggiare per velocisti, finisseur o scalatori. In un mondiale deve vincere un corridore completo quindi è giusto che ci sia tratti pianeggianti, magari una salita vicina al finale ma non un prima categoria. Il percorso di Doha era completamente pianeggiante e per alcuni questa scelta ha reso il mondiale noioso se non fino all’ultimo giro e la volata finale.

Onestamente però sarebbe un torto associare percorso piatto a poco spettacolo. Per fare un paragone che chi va in bici possa capire pensiamo a quando si dice non conta il mezzo contano le gambe. Beh quasi in similitudine non conta il percorso contano i protagonisti. Ovviamente il tutto entro un certo range. E’ normale che correre con la bici di mio nonno o con la Specialized di Nibali cambia, come anche cambia fare un mondiale nel deserto di Doha o in Italia scollinando più volte sullo Stelvio.

Escludendo i casi limite però è normale che se i protagonisti non si impegnano da subito non è per forza “colpa” del percorso che non si presta. Nella gara femminile per esempio il gruppo è arrivato compatto, in quella maschile invece alcune squadre sono riuscite a spezzare il gruppo concludendo con una volata ristretta. Ancora pensiamo al Giro e al Tour 2016 sulla carta sono tutte e tre corse dure con tante montagne e squadre che hanno ambizioni di vittoria, però quest’anno al Giro poteva scapparci l’infarto, mentre al Tour ci addormentavamo.

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Simone Milioti

Simone Milioti

Vivo a Roma, ma sono nato in provincia di Messina dove ho concluso i miei studi nell'ambito della comunicazione. Il mio primo amore è stato Roger Federer, da lì in poi la mia passione si è allargata al ciclismo grazie al mio concittadino Vincenzo Nibali e ad altri sport. Le Olimpiadi per me sono un'orgia sportiva. Oltre a scrivere e dirigere LoSportOnline ho anche partecipato alla fondazione di Blog34 (piazza virtuale studentesca di Messina, di cui vado molto fiero) e collaborato con OkCalciomercato, curando la rubrica "The Italian Job".

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