Il Post-It: all’Olimpico tra Maradona e controlli della sicurezza
Esperienza simile a quella di qualche mese fa sempre Roma sempre al Foro Italico. Ma stavolta il protagonista è l’Olimpico, il calcio e Diego Armando Maradona.
No aspettate prima di “D10S” c’è un’altra storia da raccontare, se nell’altro episodio il protagonista era stato l’uomo in giacca cravatta e tesserino. Mercoledì sera a prendersi le luci della ribalta sono stati i controlli della sicurezza.
Per la partita della pace via prima di entrare allo stadio tappi di bottiglia e lattine, possono essere lanciati e far male a qualcuno. Ah ok giusto, quindi tolgo anche scarpe, chiavi, telefono, orologio e altro che s’è lanciato può causare danno? E invece no il resto può entrare con me.
Prima cosa che risalta appena entrato all’Olimpico è il colpo d’occhio dell’immensità degli spalti o, per i più romantici, il verde dell’erba del campo? Nessuna delle due, noto subito i bibitari che vanno in giro per il campo con tanto di acqua, coca cola e tappi! Per non farci mancare nulla anche l’invasione di campo dal mio settore. L’invasore entra indisturbato in campo abbraccia Maradona, si stacca, lo riabbraccia e dopo comincia ad avviarsi fuori dal campo. Prima ancora che gli uomini della sicurezza si avvicinano. Giusto che è partita della pace, ma così troppo in amicizia.
Che dirvi infine di Diego, è l’unico che si fa i 90 minuti senza però averne neanche 20 nelle gambe. Aspetta la palla fermo, poi lancia in profondità o prova a far filtrare palloni ai compagni. Intanto a intervalli regolari dalla tribuna Tevere si alzano cori di incitamento per il Pibe De Oro e anche lo storico “Oh mamma mamma mamma”. I napoletani penseranno che bestemmio, per gli intenditori di calcio dico una blasfemia, ma Diego è letteralmente una palla che corre. Però appunto corre, scatta addirittura anche se solo di un paio di metri. Una persona che ha fatto tanto parlare di sé e non bene, un calciatore che di conseguenza per molti non era d’esempio, ma quello che nessuno può contestargli è di essere un bambino ancora innamorato follemente nel rincorrere quel pallone per il campo.